Prima di nascere

febbraio 22, 2008

Lettera n. 1 – Ciao improbabile mammina  mia. Nascerò per sbaglio, per incoscienza, sul tuo abbandono. Ti cercherò tutta la vita attraverso i talk show, dalla D’Eusanio, oppure in qualche puntata di “Buona Domenica”. Ti cercherò fino ad 80 anni sperando che tu sia ancora viva e che possa stendere la tua mano sul mio capo. Darò del filo da torcere a mia moglie e ai miei figli, mai pago del mio lavoro, della  mia buona salute e dell’amore che loro mi danno. Non mi importerà se una famiglia mi ha cresciuto con responsabilità e ci sarà un’altra donna che avrò chiamato mamma, e neppure se mi hai abbandonato tra i rifiuti, tu sarai sempre il mio tormento. Ma ora che sei in tempo, ti dico: se deve essere così, lasciami dove sono, lo considererò un gran regalo.

Lettera n. 2 – Ciao mamma. Ti scrivo questa letterina pregandoti di non farmi nascere. L’altro giorno ti hanno detto che potrei avere la sindrome di Klenefelter, sai quella che Giuliano Ferrara ha liquidato come un piccolo difettuccio che pare appartenga anche a lui,  il che non è assolutamente conforme a quanto dice quel medico incazzato del sito. Eppoi io non vorrei mai diventare come Giuliano Ferrara.

P.S. Oh mamma, se qualcuno dice che c’è qualcosa che non va, ti prego bada bene che tutto sia al giusto posto e che l’ingranaggio funzioni a dovere. Sai non vorrei passare la mia vita a farti sorridere per forza , dicendo a tutti quanto sono bravo e quanto sono bello. Pensa a me, pensa a te. Mammina.

Lettera n. 3 – Mammina mia, ti hanno fatto male mentre io venivo sparato nel tuo ventre. Ti hanno fatto male nel corpo e nell’anima. Non è il giusto punto di partenza per venire al mondo. Mi guarderesti ogni tanto ricordando quella notte, quel buio, quella situazione. Io sarei il testimone incolpevole di quello che ti hanno fatto, il frutto guasto di una violenza. Lasciami stare se così fosse, non voglio vedere quello sguardo nei tuoi occhi quando ne combinerò una delle mie.

Biglietto n. 4 – Mammetta, fammi nascere con consapevolezza. Se avrò un’ adolescenza serena, sarò forte tutta la vita.

Amici nemici

febbraio 20, 2008

Per una trasmissione come quella di Maria De Filippi chiamarsi “Amici” è veramente un eufemismo. Amici chi e di chi? Non lo sono i ragazzi per forza di cosa, costretti dalla loro reality life a contendersi quei primati che dovrebbero essere la chiave di s-volta della loro carriera e a fare spettacolo per le telecamere che altrimenti non avrebbero alcuna ragione di riprenderli e tanto meno lo sono i “professori” che li preparano nelle varie discipline dello spettacolo, che poi sono sempre le stesse: danza e canto. Anzi proprio a causa di quest’ultimi, la trasmissione dovrebbe chiamarsi semplicemente “Nemici”. Si spera che i battibecchi a cui assiste (consenziente e benevola, attizzante e finta indifferente l’algida Maria), facciano parte di un copione, altrimenti si assisterebbe veramente ad una lotta tra galli e al più grande controsenso che possa permettere una “scuola” addetta alla preparazione pia ed illusoria degli aspiranti artisti. Ma anche se fosse un’esigenza da copione… Questi signori si odiano gagliardamente dandolo apertamente ad intendere. Mentre Platinette si lecca i baffi e interviene in una scala che va dal soft al furioso, la Celentano scruta i concorrenti, allarga sorrisi di perfidia e spara la sentenza, tirando frecce all’avversario (che non è necessariamente il giovane esibizionista) ma il maestro che l’ha preparato. Con meno sorrisi, la prof del canto, Grazia De Micheli, spara crude sentenze, chiama in causa il povero direttore d’orchestra perché avvalli il suo pollice verso, litiga con l’altro maestro di canto facendogli capire che lui di voci non capisce niente. Nell’ultima puntata a cui ho assistito uno degli insegnanti di ballo, non riconoscendo tra le guest-star invitate dalla De Filippi, l’etoile Gheorghe Jancu , con lui dissenziente, ha pure chiesto “ma questo che ci sta a fare qui?”. Tutti a guardarsi storto, ad affrontarsi malevolmente, insomma a litigare. Infine, il ragazzo che poi è risultato vincitore nella sua categoria grazie al voto popolare e a dispetto dei prof, delle guest star, e della squadra avversaria che lo volevano fuori, ha gridato alla Grazia De Micheli:” Io, quella, la odio!” . Ebbene, finalmente qualcuno ha dato il giusto carattere a questa trasmissione. Altro che “Amici”!

Ugo senza l’acca

febbraio 9, 2008

Inchieste “old Bridge”, elenchi “black list” , definizioni come “diablo” per certe maggiorate fuori taglia media, ma soprattutto l’“Election day” , già parodiato con “election gay” (per altri scopi suppongo), il “We can” che da Obama passa a Weltroni, e perfino il “tour de force” di Totti, ma – insomma – dove è finito l’italiano?  Dove è finito in parte già lo so. L’altro giorno mi hanno fissato un appuntamento di lavoro con gli incaricati di un’agenzia di viaggio. Si chiamano Francesca e Giacomo mi hanno detto al telefono. Ci ho messo un po’ a riconoscerli in due simpatici ed efficientissimi ragazzi con gli occhi a mandorla. Il delizioso pargoletto di una coppia di amici asiatici con noi integrati si chiama Ugo, così semplicemente Ugo senza l’acca. Che  a salvare il nostro bel “parlar gentile” spetti ormai soltanto agli extracomunitari ? Parrebbe proprio di si, ma vorrei sapere meglio perché.

”Le nostre storie iniziano dove la vita finisce”, è l’incipit di supposizioni, indagini strette, virtuosismi della scientifica, dubbi, testimonianze, ricostruzioni, snodi e intersecazioni, tutto applicato a risolvere  delitti compiuti da menti scellerate, personaggi insospettabili, entità nascoste (in quanto mai rintracciate), qualche volta attribuiti a personaggi che continuano a dichiararsi incolpevoli e che, forse, per il solo fatto di essere un po’ sfigati , finiranno sulla sedia elettrica. ”Le nostre storie iniziano dove la vita finisce”, dice con perfida lievità, introducendo i casi di vera cronaca nera, la conduttrice di “Real Csi” (Italia1, lunedì, post primaserata), Adriana Fonzi Cruciani, che appare qua e là, al centro e all’angolo dello schermo,   a disfare la tela del ragno man mano che il racconto si snoda e le immagini si inseguono dalla normalità alla decomposizione, dalla perfezione alla raccapricciante opera finale dell’ignoto assassino. Dice anche la brava Caronte  delle storie imperfette (in quanto trattasi di delitti perfetti) che “il male è attorno a noi” dandoci tante altre buone ragioni perché sarebbe opportuno guardarci alle spalle. Il male dimora e dilaga attorno a noi. La realtà supera ogni fantasia. Seguendo le real stories CSI che inquietano più del parto fantasioso e ripetitivo dei miei amati NCSI (Gibbs compreso su Rai 2, domenica, primaserata) non posso darle torto, anche se di conseguenza rifletto sul fatto che escluso il caso di Novi Ligure, tutto quel che è seguito è incredibilmente irrisolto, incredibilmente inatteso, incredibilmente sospeso. Siamo al punto che, malgrado l’investigazione scientifica,le prove dei DNA, le intercettazioni e le confessioni fatte-corrette e ritrattate, da noi, le nostre storie finiscono dove la vita finisce.