Picasso-donna-allo-specchio 

Puoi ricostruirti un'immagine, non tanto perchè hai qualcosa da nascondere, ma perchè per la prima volta puoi sceglierti una faccia, un corpo, un interesse, un mistero attorno al quale riavvolgere una nuova vita. Puoi darti un aspetto, un nome, un'identità diversa da quella che ti ha riservato il destino, puoi costruirti con le tue stesse mani, inventare te stesso – così come vorresti essere in quel preciso momento oppure come senti di essere dentro di te. E puoi dialogare senza confini, restituendo agli altri esattamente quello che vogliono da te diventando sexy, sportivo, magro, grasso, felice, infelice, buffo, serioso, intellettualmente dotato, brillantemente creativo. Ti permetti anche, dietro la tua identità nascosta di dare consigli, sputare sentenze, firmare appelli, iscriverti in club esclusivi, cazzeggiare, insultare o belare complimenti fasulli. Diventi critico, scrittore, poeta, benestante, politicamente corretto o scorretto e se ti crei più caselle di identità, nick fantasiosi ed avatar variopinti, puoi finalmente espanderti senza confini, creandoti una cerchia di "amici" in ogni campo. I simpatizzanti e gli adepti che raccogli virtualmente neppure te la sogni nella tua vita reale piena di magagne e di mugugni. Certamente bisogna essere bravi e costanti. Bravi nel negare ogni traccia della tua vera identità, avere molta memoria per i molti siti e le molte password che ti sei inventato e non lasciarti andare a confidenze che potrebbero svelarti. Si, perchè c'è sempre qualcuno con le orecchie dritte a caccia del tuo vero essere e che blandendoti, toccando corde ancora vibranti ti vuole far capitolare in uno svelamento che sarebbe fatale.

D'altronde, anche se coraggiosamente ti presenti con tutte o quasi tutte credenziali, magari per farti una nuova cerchia di amici che potrebbero apprezzarti per quello che sei ora e che sei diventato, i rischi potrebbero essere maggiori. Scegli la tua foto migliore, quella che ti ritrae al momento, come una nuova tappa della tua vita dalla quale ricominciare, segnali i tuoi successi e le opere del tuo ingegno(quelle che hai creato da un certo punto in poi), cerchi di intervenire nelle discussioni con saggezza (il che è molto faticoso), clicchi la manina con il pollice alzato sotto qualche video o qualche pensiero illuminante, inserisci qua e là una musica ad effetto, mandi poke e pensierini di buon compleanno, facendo più fatica di quanta tu ne faccia con il calendario della tua vita. Male, molto male: la tua identità "rivelata" si confonde così tanto che neppure tu sai più chi sei e c'è sempre qualcuno laggiù nella mischia che ti pizzica. "Ah, ciao, non sei tu quello che…?", "Ti ricordi quando…", "Vedo che hai cambiato gusti…bandiera…", "Ne è passato del tempo…" e peggio ancora ti ricorda " Sei stato il mio maestro…ho preso tanto da te…". E tu che volevi sentirti nuovo e tutto da scoprire, sei fregato. Il passato bussa ai vetri, facce dimenticate ti piombono addosso, i messaggi risvelano cose per te morte e sepolte e una vertigine di informazioni vere o presunte ti restitiuiscono una carta d'identità che forse neppure ti appartiene.

A proposito degli operai della Saras morti sul lavoro.

Le chiamano “morti bianche”, ma che cosa c'è di bianco in questi gravissimi incidenti sul lavoro? L'assenza di un assassino materiale? Quando un azienda per risparmiare trascura i controlli e la prevenzione a favore dei profitti , mettendo a repentaglio gli operai che per la loro ingrata fatica portano a casa si o no 1000/1100 euro, basta attribuirlo alla "fatalità " e si si può chiamare ancora “morte bianca” questa "fatalità"? Il 27 marzo è stata approvata una legge per la quale il datore di lavoro è tenuto a un risarcimento di 6.500 euro al massimo. Capirete bene che, di fronte alle spese di prevenzione e formazione sulla sicurezza sul lavoro e all'insufficienza di controlli (pare che ci vorrebbero 23 anni per poter controllare tutte le aziende) per il datore è un rischio di poco conto. Oltre ai casi che finiscono sui media, ci sono anche quelli che pochi di noi conoscono, salvo i parenti e i diretti interessati (se superstiti). Leggevo tempo fa su una rassegna web che in un anno, soltanto alla Poste Italiane (azienda privata) , si sono avute una dozzina di morti bianche, tutti postini e un autista, senza che queste notizie abbiano avuto riscontro sulla stampa nazionale, salvo un necrologio: "è morto il bravo postino del paese".  In un anno in cui l'azienda vedeva crescere i suoi profitti in modo clamoroso! Un fenomeno dolorosissimo e inquietante che rischia di aggravarsi di fronte alla crisi economica- ha detto il presidente Napolitano il 1° Maggio e potrebbe verificarsi "qualche tendenza a ricorrere più facilmente al sommerso e comunque al lavoro irregolare, in special modo all'impiego illegale di immigrati. Occorre un più forte impegno a non abbassare in alcun modo la guardia su questo versante sempre cruciale". Nella stessa occasione, il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi ha ribadito : "Occorre uno sforzo straordinario per rilanciare con determinazione, anche in termini di una più intensa collaborazione tra imprese e lavoratori, una nuova cultura della sicurezza che veda nella prevenzione il suo punto qualificante". Le dichiarazioni commentavano il fatto che saremmo scesi sotto il livello di 1.200 casi l'anno (erano 1300) che non ci ha liberato tuttavia dal triste primato di essere i primi in Europa  a fabbricare queste cosiddette "morti bianche".

Lavoro
Schiava del lavoro, amante della fatica, rifugiata nel lavoro, stakanovista segnalata convinta che il lavoro è oasi, forza e libertà… sono workaholic al pari di un’ alcolista!
"Si parla di work-addiction/workaholic quando il lavoro non è più
un’attività, ma una via di fuga da emozioni, responsabilità, intimità
nei confronti degli altri. Un vero e proprio disturbo che si manifesta
con richieste auto-imposte, incapacità di regolare le abitudini
lavorative, esclusione di ogni altra attività…" leggo su un  manualetto di "auto-aiuto" scritto da Gioacchino Lavanko e Anna Milio, publicato da "Astrolabio".
Accidenti nessuno aveva mai tracciato per me un profilo tanto corrispondente.A peggiorare la situazione c’è anche  quel prolungamento all’età
pensionabile (65 anni per le donne) che vedevo come un vantaggio, una
gratificazione, una chance, un vizio con tanto di permesso. Non mi ero neppure posta il  dubbio che ci sarebbe stato  qualcuno disposto a tenersi una 65enne, in un mondo in cui già a 30 sei
fuori dal ogni sfera di interessi.. Come farò? La situazione è gravissima…ho bisogno di un medico. Sono malata!

Capire Vladimir

dicembre 5, 2008

Riflessioni

Vlady si presenta da Santoro in semi decolté, inconscia della sua maschia spalla. Vlady indossa tacchi a spillo simil Manolo e sfoggia lunghi Swaroski alle orecchie. Se prima mi piaceva quel suo ironico pseudonimo draculesco (Vladimir  Luxuria) ora la chiamano anche Lucy o Luxy oppure Vlady che attraversa un po’ i generi. Ribadisce la sua formazione artistica prima e dopo la cura (e prima e dopo il Parlamento), che giustifica il passato (piume, pailettes, gay-pride, Mucca Assassina)  e punta sul presente con un grande ritorno in stile fashion, rispondendo infastidita al ragazzo gay (di centrodestra) che critica la sua esposizione eclatante e rispondendo compunta al vicedirettore di Libero che la vede usata come icona di una sinistra che l’ha sostenuta al pari di Obama. Vlady dice che non è stata all’Isola né per la sinistra né per la destra sostenendo però che se, dopo questo, un solo gay vedrà rispettati i suoi diritti, lo scopo è raggiunto. Dice ancora: "ho vinto perchè sono stata me stessa" (anche se ora il suo modello è Sarah Jessica Parker). E’ vero, Vlady ha ottenuto dall’Isola più di quanto non sta ottenendo da queste ospitate. Vlady era meglio laggiù nell’Honduras, con la bella faccia pulita e le mutande in testa della Marini. Per questo il popolo italiano l’ha votata. Ora rischia di doversi adeguare: o asseconda le aspettative di quella sinistra che la pretende da vincitrice oppure rischia di rientrare nell’immaginario collettivo come una delle ragazze di Sex and City.

Un miracolo per Eluana

novembre 14, 2008

Eluana Vorrei un miracolo per Eluana ora che è stato sancito che deve morire. Vorrei che aprisse gli occhi e sorridesse alle suorine che non sono stanche di curarla, lavarla e accudirla con dedizione e pazienza. Vorrei un segno che Dio esiste. Pretendo troppo secondo chi dice che il Padreterno, Padre Pio e tutti gli altri elargitori di grazie hanno altro da fare e che se non esaudiscono è perché c’è un altro perché. Lo so che sono tutti d’accordo che bisogna rispettare le volontà della ragazza che in tempi lontani e non sospetti avrebbe dichiarato di preferire la morte alla vita vegetativa, ma… il suo caso è diverso da quello di Welby, straziato dal dolore. Non riesco a capire a chi dà fastidio questa giovane donna che dorme e che non sembra neppure soffrire. Dov’è l’accanimento? Se fossi sua madre, io, preferirei sperare nell’assurdo, appunto nel miracolo, che vederla andar via per sempre, senza neppure concederle la possibilità di qualcosa di inspiegabile e di eccezionale che potrebbe venire dall’alto oppure dalla stessa natura (siamo sicuri di conoscere tutto?). Se fossi sua madre, non mi darebbe fastidio il suo quieto dormire. Eluana è lì nonostante tutto.

Tutta una questione di soldi quella tra Mediaset e YouTube il sito di condivisione di Google. Il crescente successo, l’utilizzazione e soprattutto la diffusione del secondo ha fatto vibrare di speme il primo. Se qualcuno vuole scaricare i programmi dal sito di Mediaset  paga, nel secondo grande contenitore si prende e si dà gratis. Perché quello che si vede di Mediaset su YouTube dovrebbe girare senza alcun profitto per l’azienda ? Si sono chiesti gli esperti di casa Cologno Monzese, tuonando “315mila giorni persi !” facendo un calcolo su i contatti (come se fossero spettatori). Secondo le motivazioni, i visitatori di YouTube sarebbero un loro potenziale pubblico che invece che frequentare i loro canali e vedere le relative trasmissioni, vengono sottratti dal bacino di utenza e indirizzati verso lavori (4.642 filmati) realizzati con materiali di scarto e di risulta (presi da dove?). In realtà, belli o brutti, questi video, spesso arricchiti con fantasia (colonne sonore, titoli, effetti) diventano un prodotto a sé, oserei dire “un’opera del proprio ingegno” , equiparabile perfino a una critica televisiva (quindi con documentazione d’immagini visto che si tratta di un video). Poi, ha detto bene, Gianluca Nicoletti, chi frequenta YouTube frequenta YouTube. E’ un pubblico (se si può chiamare così) che indirizza i suoi interessi soltanto a quella forma di comunicazione e difficilmente si mette davanti alla tv. Fino a due/tre giorni fa a Mediaset tuonavano: Vogliamo essere risarciti per 500 milioni di euro per l’illecita diffusione e lo sfruttamento commerciale di file audiovisivi di nostra proprietà. Mediaset ha infatti chiesto, oltre al risarcimento per "danno emergente", anche quello per "perdite subite" relativamente alla mancata vendita di spazi pubblicitari sui programmi diffusi in rete. Oggi leggo che i titoli di borsa relativi all’azienda da un picco raggiunto subito dopo la citazione, risultano a distanza di poche ore scesi di un bel po’. Che gli abbia fatto male la sortita?  Ma alla fine i colossi si metteranno d’accordo, come sempre succede. C’è solo da augurarsi che pensino anche agli autori dei video in questione. Hanno diritto anche loro ad un profitto, dalla pubblicità già applicata dai contendenti attraverso i loro vari meccanismi, oltre che di un pagamento per quella che loro stessi fanno a tutti e due.

Aldo Grasso si chiede di "Blob", "Striscia la notizia" e di altre trasmissioni che usano materiali copyrighting. Liberi tutti oppure no?

Te lo dico con una sms

marzo 15, 2008

Che cosa fareste se per e-mail vi arrivasse il numero di donne (oppure di uomini) con cui avete fatto l’amore e con cui lo farete in futuro? Oppure – ancora di più – sempre per posta elettronica oppure sparata da una sms, preceduta da una suoneria di campane a morte, vi arrivasse anche la data della vostra dipartita? Lo spunto è questo, davvero curioso per il film di Daniel Waters Sex and Deat 101, da noi tradotto “Tutti numeri del sesso”, forse  perché Thànatos a noi piace meno di Eros. L’ipotesi di un messaggio di questo tipo è inquietante ma suggestivo, il film un po’ meno.

Geni si nasce

marzo 10, 2008

Nello spettacolo e nell’arte il tempo è benevolo con i mediocri. Basta dire – in questa epoca così povera di talenti manifesti – che si è stati a fianco di qualcuno che nella vita ha realizzato qualcosa, e uno sbocco sicuro si trova, specie se si ha un bel po’ di faccia tosta e si trova il pollo da spennare. E’ una regola che favorisce quei personaggi che una volta erano nelle retrovie, i portaborse di qualche illustre maestro: scomparsi i maestri loro cominciano a brillare di luce propria, ancora illuminati dal raggio dell’intelligenza altrui. Bastano pochi anni, del maestro resta un vago ricordo, ma chi ha saputo approfittare dell’eco sempre più flebile di tanta fama, si veste dell’altrui talento, lo fa proprio, arricchisce senza ritegno il proprio curriculum senza tema di essere smentito. Si crea una professionalità artistica a sbafo. Il bello è che qualcuno ci casca, privato sempre più  di confronti e riscontri si fa ingannare e annovera il tipo tra i nuovi dei. Il quale altro non fa che vivere come parassita sull’assenza di coloro a cui ha appena sfiorato la giacca o tutt’al più alleggerito certe serate con favori minimi e minime miserie. Il loro curriculum è il documento che sancisce l’imbroglio ai danni dei veri maestri che non possono mai più reagire e affermare che il furbetto emergente, acculturato con piccoli furti di pagine e imitazioni che non ingannerebbero mai i veri testimoni, non era altro che il loro giullare. Se poi, il furbetto incontra il bisognoso di "chiara fama", il parvenue che s’attacca alla zattera della cultura, solitamente fornito di un bel portafogli che deve scaricare certi pesi, ecco che , attraverso la supponenza del potere e l’arroganza dei soldi, si creano cattedrali di cartapesta. Ma, attenzione, alla fine i nodi vengono a galla. Geni si nasce.

Ugo senza l’acca

febbraio 9, 2008

Inchieste “old Bridge”, elenchi “black list” , definizioni come “diablo” per certe maggiorate fuori taglia media, ma soprattutto l’“Election day” , già parodiato con “election gay” (per altri scopi suppongo), il “We can” che da Obama passa a Weltroni, e perfino il “tour de force” di Totti, ma – insomma – dove è finito l’italiano?  Dove è finito in parte già lo so. L’altro giorno mi hanno fissato un appuntamento di lavoro con gli incaricati di un’agenzia di viaggio. Si chiamano Francesca e Giacomo mi hanno detto al telefono. Ci ho messo un po’ a riconoscerli in due simpatici ed efficientissimi ragazzi con gli occhi a mandorla. Il delizioso pargoletto di una coppia di amici asiatici con noi integrati si chiama Ugo, così semplicemente Ugo senza l’acca. Che  a salvare il nostro bel “parlar gentile” spetti ormai soltanto agli extracomunitari ? Parrebbe proprio di si, ma vorrei sapere meglio perché.