Jacko, destino da mito

giugno 28, 2009

Jacko  Immaginare Michael Jakson ottantenne su una sedia a rotelle era praticamente impossibile, così come Marilyn Monroe o James Dean. Jacko era destinato al mito come tutti i grandi eroi di massa dalla vita problematica che muoiono troppo presto. Se fosse sopravvissuto, come il magnifico Paul Newman, non avrebbe potuto che contare su una lunga carriera e un breve rimpianto come Marlon Brando d'altronde, che con il suo corpo opulento e disfatto ha cancellato l'immagine gloriosa di “Fronte del porto” oppure Elizabeth Taylor sulla quale è più facile ironizzare che ricordare i magnifici occhi blu prestati a “Cleopatra”, colpevole di vivere a lungo e di aver avuto mariti modesti e pochi vizi, gioielli a parte. Gli elementi per costruire attorno a questo eroe moderno la leggenda ci sono tutti: testamenti, eredi, figli dubbi e mogli altrettanto dubbie. In più, è credo sia il suo lato più interessante e profondo, c'è quel rifiuto alla sua razza, quel rincorrere il pallido malessere occidentale, l'esangue coinquilino di questo mondo per niente superiore a come lui era nato. Rincorrere la fragilità sacrificando l'orgoglio della sua razza. Il malessere grandissimo di uno che si credeva Peter Pan e come tale doveva arrivare a somigliargli, giocando nella sua Disneyland con i peluches dei suoi giovani amici. Prepariamoci al solito rituale che va dal “giallo della sua morte” a l'inevitabile “Jacko è vivo”, dalle liti ereditarie tra I parenti ai figli segreti. Il merchandise è già iniziato, le gite attorno ai suoi luoghi di vita e di morte pure. E' morto un mito, è nato un mito.

 ''C'è un gran bisogno di un gruppo dirigente coeso. Sette piccoli indiani che lavorano insieme e che dicono alla tribù: siamo tutti uniti'' si auspica Giuliano Amato parlando della leadership del Partito democratico. "Io sono vecchio, risalgo ai tempi che precedono le primarie", che "purtroppo hanno grande valore democratico, ma esprimono solo Frank Sinatra contro tutti. In una situazione come questa, c'e' un gran bisogno di un gruppo dirigente coeso. Sette piccoli indiani che lavorano insieme e che dicono alla tribu': siamo tutti uniti". Lo afferma Giuliano Amato a proposito della futura leadership del Pd, mentre Dario Franceschini da "Caronte" diventa candidato e D'Alema spinge in prima fila Bersani. "Vedrei volentieri -aggiunge- il coagularsi di un gruppo dirigente che esprime concordemente un segretario e che rimanda al futuro la scelta di Frank Sinatra (???); anche perche' Frank Sinatra non c'e'. Io voglio bene a tutti questi giovani, ma non vedo tra di loro The Voice. Un piccolo coro sarebbe piu' adatto”. Ma era un riferimento al celebre thriller di Agata Christie (che erano però 10 mentre D'Amato ne conta sette: Franceschini, Bersani e…)  oppure ai sette nani di Biancaneve? Nel primo caso la citazione non è di buon auspicio ricordando la poesia che gli ospiti di Nigger Island trovarono nelle loro stanze:

“Dieci poveri negretti se ne andarono a mangiar: uno fece indigestione, solo nove ne restar.
Nove poveri negretti fino a notte alta vegliar: uno cadde addormentato, otto soli ne restar.
Otto poveri negretti se ne vanno a mangiar: uno, ahimè, è rimasto indietro, solo sette ne restar.
Sette poveri negretti Legna andarono a spaccar: un di loro s’infranse a mezzo, e sei soli ne restar.
Sei poveri negretti Giocan con un alvear: da una vespa uno fu punto, solo cinque ne restar.
Cinque poveri negretti un giudizio han da sbrigar: uno lo ferma il tribunale, quattro soli ne restar
Quattro poveri negretti salpan verso l’alto mar: uno un granchio se lo prende, e tre soli ne restar.
Tre poveri negretti allo zoo vollero andar: uno l’orso ne abbrancò, e due soli ne restar
I due poveri negretti stanno al sole per un po’: un si fuse come cera, e uno solo ne restò.
Solo, il povero negretto in un bosco se ne andò:ad un pino s’impicco, e nessuno ne restò".

E se invece si riferiva ai sette compagnucci di Biancaneve (piccoli instancabili minatori), chi vedreste come Dotto, Eolo, Mammolo, Gongolo, Pisolo, Brontolo e Cucciolo?.

Rebus Veronica

giugno 11, 2009

 Botero copia

Senza voler passare per una sensitiva, io questa nuova sortita della signora Berlusconi – a bocce quasi ferme – me l'aspettavo. Chissà se prima di inviarla al Corsera ha provato il suo destinatario preferito senza trovarvi la solita accoglienza. Tant'è eccola di nuovo e questa volta più laconica del solito, ma nello stesso tempo più intensa a dichiarare amore e devozione a suo marito e alla famiglia accusando nello stesso tempo i media del fango che le è stato versato addosso. Ma non è stata sempre lei a muovere la prima mossa accusando il consorte di circondarsi di ciarpame, di frequentare le diciottenni e di aver bisogno di un aiutino per ritrovare il senno perduto? I giornali non avrebbero neppure sfiorato la verità sul suo rapporto coniugale e il perchè ha dovuto ricorrere alla stampa per poter comunicare con lui (????). A cosa è dovuta questa cattiva interpretazione delle sue precedenti parole ( verba volant scripta manent, si ricordi ). In quanto all'impossibilità di raggiungerlo  non poteva telefonargli, spedirgli un sms, incontrarlo in webcam, inviargli un piccione viaggiatore oppure aspettarlo dietro l'uscio con un mattarello in mano?  E poiché a seguito della vostra incomunicabilità e della sua pubblica reazione alle frequentazioni di suo marito, lui – insieme al suo circondario femminile – sono stati rivoltati come calzini, non trova che avrebbe potuto scrivere una chiara smentita alle sue di frequentazioni (per esempio in che modo comunica con la sua guardia del corpo)? Signora,  sia più esplicita, dopo esserlo stato così tanto nelle sue lettere precedenti. Ormai, anche noi abbiamo diritto di sapere che cosa non va tra voi due e chissà che non si trovi qualche amabile “donna Letizia” in grado di darle qualche dritta.