Figli di un dio minore

novembre 12, 2007

Basquiat_4Per Meredith e tutti gli altri (assassini e assassinati). Commentare gli  omicidi, le disgrazie e i  fatti di  cronaca nera, oggi, ci mette tutti nel calderone dei qualunquisti a mescolare la minestra riscaldata. Detto e ridetto, tutto e di più. Il flusso dei delitti negati, perfino dalle più sofisticate prove scientifiche, sembra non voglia interrompersi . Soprattutto perchè la maggior parte di questi misfatti riguardano i venti-trentenni. Che siano la droga, le messe nere, il calcio e l’incomunicabilità famigliare a provocare una catena ininterrotta di disgrazie non mi convince. "Egli era tanto un  bravo ragazzo",  seguito da aggettivi rassicuranti, mi irrita tremendamente e nello stesso tempo mi fa riflettere. Questa è una generazione generata da un dio minore che ha usato  ingredienti avariati. Loro, i giovani delittuosi, non ne hanno colpa. Il diavolo in persona, ha approfittato di un momento di distrazione del Grande Costruttore  per spandere  nei cieli degli anni settanta/ottanta, i suoi gas mefistofelici.Qualcuno ne è stato colpito.  Non ditemi che sono prove inviateci da lassù per provare la nostra tempra di madri e di padri o peggio per scontare i nostri peccati. Per il Grande Distratto è un incidente di percorso e spero che trovi al più presto un rimedio.

Attenti a Wiki

novembre 5, 2007

Basquiat2 Lì per lì la notizia sembra buona, soprattutto per il libero mondo web, ma – a rifletterci- la notizia è anche inquietante. Il Tribunale di Grande Istanza francese ha assolto Wikipedia (l’enciclopedia creata dagli internettiani) dall’accusa di aver diffamato tre personaggi (si immagina noti, perché altrimenti starebbero su Wiki?) per le loro preferenze sessuali.

Mi chiedo, innanzitutto, a meno che la voce non riguardasse “Omosexual célèbres” o qualcosa di simile (in quel caso si dovrebbero nominare giusto personaggi come Oscar Wilde poeta dell’amore disperato e tradito, André Gide, portavoce dei diritti della categoria, oppure Vita Sackville che insieme al marito fecero del loro libertinage una bandiera pubblica, ma non certamente dei riluttanti contemporanei) perché si debba chiarire su un’enciclopedia un privato così tanto privato di persone non consenzienti. Poi, per quanto ne so, avendo partecipato alla compilazione di un paio di voci, da noi non è così facile pubblicare. Ci sono infatti una serie di vincoli e di guardiani che rispediscono al mittente inesattezze e note non conformi alle regole, tanto che nessuno di noi può scrivere su di sé e per trattare altri argomenti  occorre qualificarsi, fornire permessi e autorizzazioni. I casi sono due: o a Wiki/Wikio è sfuggito qualcosa oppure le regole in Francia sono diverse (?!?).  La motivazione della – contraddittoria  – sentenza assolutoria recita: Wikipedia non è responsabile dei contenuti che su di essa vengono pubblicati, poichè la Fondazione non esercita alcun controllo sui contenuti degli articoli inviati, e quindi non può avere alcuna responsabilità di tipo editoriale. Essa è responsabile e tenuta a denunciare gli autori delle note solo se si ravvisano reati di pedo-pornografia, razzismo e negoziazione illecita.

Vale a dire che chiunque, impunemente,  può dire che porti sfiga, o qualcosa d’altro che ti segni per sempre?

Beh, per fortuna che  non sono famosa e che una nota su di me verrebbe rispedita all’autore insieme alla domanda   “Gianna chi? (Jannette qui es ?)”.

Roma, Città di Cinecittà?

ottobre 19, 2007

Cinemaposte Cosa c’è di meglio per il promotore, organizzatore e massimo fruitore di un festival di cinema (leggi cinefilo) che essere anche il sindaco della città dove si svolge? Quando mai, se così non fosse, potrebbe usufruire di tutti gli spazi topici del cinema italiano e associato, come Via Veneto, Fontana di Trevi e Cinecittà, allargando i confini di questo ultimo spazio in disuso sotto l’etichetta “Città di Cinecittà” per aggiungere al Parco della Musica (Auditorium) l’etichetta di “Parco del Cinema” con dependance creata ad hoc (Il Pala Roma Uno), invadere Piazza del Popolo di orrende impalcature d’autore, spazi riservati, macchine blu, guardie del corpo, paparazzi e quanto altro serve all’apparato stantio dell’apparire? E visto che ci siamo, perchè non approfittare per gettare un’occhiata alla sfilza di abiti del più grande stilista italiano (che si è fatta la fama e la clientela all’estero)  schierati, a due passi da lì, accanto al monumento dell’ Ara Pacis (forse per questo confezionato esternamente come una albergo Anni ’50?. Spero almeno che Valentino abbia finanziato in gran parte i lavori di restyling del monumento). Tutto ciò per accogliere i soliti noti, anzi quello che resta – dopo la scomparsa dell’ultima grande attrice mondiale, Deborah Kerr – nuove dive saccenti, star sull’orlo di un’esplosione per eccesso di plastica e che farebbero meglio a lasciarci con un bel ricordo dei tempi migliori al braccio di De Sica o Mastroianni, piuttosto che appendersi al braccio del primo cittadino, imbarazzato da una scollatura immensa e perduta. Che ci guadagna Roma da tutto questo? Caos, traffico, irritazione, sana invidia. Certo, sana invidia! Quella di altri operatori culturali (ed anche commerciali) che si barcamenano nelle loro piccole e medie imprese e che non possono permettersi  una pubblicità sulle fiancate di un autobus, su un quotidiano, oppure un opuscolo. Loro sanno bene  quanto costano le multe per chi cerca di affiggere una ridotta locandina (che in altre capitali europee troverebbe collocazione in spazi riservati). Loro subiscono la difficoltà dell’operatore e dello spettatore che non riesce ad arrivare a certi teatri /ed esercizi , situati nelle zone ZTL senza i permessi che altri ottengono come vip, accompagnatori dei vip, addetti stampa, giornalisti, fotografi etc, etc. Loro, gli esclusi dalla festa, gli artisti da tappezzeria, ben sanno, comunque, quanto ci costa tutto questo. Certo non abbiamo noi la furbizia, né il senso del risparmio che operazioni affiancate alla grande festa "privata" del cinema burino riescono ad organizzare. Metti, ad esempio, quello che avviene all’Hotel de Russie, laddove, anni fa, erano collocate le redazioni della RAI, il cui bel cortiletto è diventato luogo di ristoro vip. Qualche grande mente pensante ha organizzato una serie di vetrine di prodotti made in Italy, naturalmente con il permesso e il patrocinio dell’Ente promotore. E’ facile attirare giovani stilisti e artisti che difficilmente oggi possono entrare nel mercato senza doversi piegare alle sue leggi o farsi rubare le idee, con la formula “ti porto il divo o la diva, tu gli regali il tuo oggetto, scatta la foto e tu diventi famoso/a). Ognuno degli espositori si è adoperato con generosità e al meglio. Non lo fareste anche voi? Io porterei subito i miei manufatti e li regalerei molto volentieri al Meryl Streep se questa accettasse di farsi fotografare con la mia bella collana.  Purtroppo non è così: le dive prendono (anzi afferrano), ma in quanto a posare generosamente per la realizzazione di qualcuno che non si chiami Fendi o Valentino ce ne corre… dicono di non poterlo fare, perché legati ad un altro contratto. Lo sanno tutti, meno che gli espositori. Beffa su beffa, pare che un sosia di Gerard Depardieu si sia fatto dare regali un po’ da tutti. Chissà se almeno lui si è fatto fare la foto.

ATTENTI AI SOSIA!! 

  Sosia_loren Sosia_clooney Sosia_stallone Sosia_moira Sosia_totti

Sosia_gere1 Sosia_carlo Sosia_figlio

Sposati o gay?

ottobre 2, 2007

Mi chiedevo ieri sera, durante la prima eclatante puntata di "Exit", dedicata ai preti gay ripresi con una telecamera nascosta, se fosse meglio un sacerdote sposato oppure un omo-sacerdote . Se il primo fa discutere, suscita polemiche e sdegno, viene perfino cacciato e scomunicato, il secondo deve essere protetto, in nome della libertà sessuale, della privacy, della tolleranza. Nella trasmissione radiofonica di Gianluca Nicoletti (Melog), si è accennato anche al fatto che è molto tranquillizzante per gli omosessuali mettersi insieme ai preti gay , per gli stessi identici motivi di cui parlavo nel mio post precedente a proposito delle donne che si affidano fiduciose e sognanti al loro parroco…non so dare risposte, mi limito a sottolineare la differenza di trattamento e finalmente credo di capire che cosa intendesse il prete intervistato da Paola Perego quando ha accennato al fatto che al momento di prendere i voti gli avevano fatto capire qualcosa che non ha detto e che la conduttrice non è stata abbastanza svelta a tirargli fuori. Amen

Donne che amano i preti

ottobre 1, 2007

Saranno in molti, oggi, dalla parte di Padre Ralph, il prete che innamorato di Maggie scelse opportunamente la Chiesa e soprattutto la carriera ecclesiastica (che oltre tutto non gli impedì di ricongiungersi con la sua amata poco prima di dover render conto al suo Superiore). Saranno in molti a discutere le dichiarazioni e le intenzioni del prete che nel salotto di Paola Perego sembra aver intrapreso la strada della disubbidienza. Il mio parere è come quello di molti: sarebbe meglio che i sacerdoti si sposassero per moltissimi motivi che lascio ad altri elencare se non riescono a tener fede al loro giuramento di castità (il prete di Buona Domenica ha fatto anche capire che quando prese i voti gli furono prospettate diverse possibilità – o forse alternative – al duro sacrificio che si accingeva ad affrontare…che intendeva?).

Quello di cui si discute assai poco, mentre si riporta come sottofondo qualche passaggio di esempio USA (il solito “Uccelli di rovo”) e italiano ( “La moglie del prete” di Dino Risi, forse con qualche spunto in più di riflessione, ma sempre dalla parte di lui), è il perché alcune donne (non sono poi così poche) s’innamorano del prete.

Salvando la categoria degli intoccabili per motivi di scarsa prestanza fisica e forse perché esisterà anche qualche padre indifferente all’altro sesso, il parroco prestante è per la “pecorella” smarrita (nel senso di smarrimento derivante da buona parte del genere maschile) un richiamo irresistibile.

Egli rappresenta il cavaliere senza macchia  (leggi cattive abitudini), l’uomo che non ti tradisce (si presuppone che dopo una tale trasgressione, specie se publicizzata, non ripeta con altre la stesso “peccato”), il maschio che ha conservato tutte le sue curiosità, le sue forze, i suoi desideri, insomma un vulcano in esplosione. Egli potrebbe essere il marito e il padre ideale, con una buona parte di principi saldi (ha avuto meno tempo per logorarsi)  e soprattutto un partner gentile, delicato, premuroso. Le donne che s’innamorano dei preti (che non sono per nulla “donnacce”) tutto questo lo sanno ed è questo quello che vogliono.

Due boss litigano per un teatro. Beninteso a distanza. Non è stato gettato nessun guanto di sfida, ma mediaticamente il duello c’è stato. Incalzato e risolto, diciamo così, dai rispettivi uffici stampa e dalle tifoserie. Costanzo contro Proietti o meglio Proietti contro Costanzo nell’ingarbugliata faccenda del Teatro Brancaccio. Un contratto scade, il conduttore lo sa perché l’ha firmato, ma resta in attesa che avvenga il rinnovo (forse le scadenze non sono altro che un pro-forma, forse se invece di Costanzo fosse stato un altro, forse … ). La proprietà (Il Comune? Longobardi?) aveva deciso di cambiar musica. I veri motivi non sono chiari, visto che la conduzione Proietti fa incassare il botteghino, particolare non ritenuto sufficiente per continuare questo rapporto ( ma se dicono che in teatro non c’è una lira…). Insomma, le motivazioni le sanno solo loro. Fattostà che la tifoseria si anima, grida allo scandalo, raccoglie firme e appronta un banchetto davanti al teatro. Chiunque si occupi di spettacolo riceve una mail in cui gli si chiede di firmare pro Gigi. Ma l’altro ad un certo punto che fa? Nonostante l’avvenuto incarico e un programma già bello e pronto annuncia il suo ritiro. Fine del primo tempo. Beh, in qualche modo andrà a finire. Quello che ci tenevo a dire è che credo nell’autentico interesse di Costanzo per il teatro e il mondo attorno ad esso. Ho lavorato con lui per due o tre  mandati della sua direzione artistica del Festival di Benevento, da dove ha lanciato più di un artista. Ho lavorato bene con lui, in piena fiducia e disponibilità. Mi chiedevo all’epoca: ma chi glielo fa fare con tutto il suo da fare? Non era per soldi (non l’ha presi, ce l’ha messi) però mi dicevano che non lo vedevano tanto disteso come quando era tra i suoi teatranti. Ha programmato spettacoli di Gassman, Dario Fo, Gregoretti, Anna Galiena, Elisabetta Pozzi, Carlo Cecchi… dal contemporaneo all’avanguardia…il suo sogno era di riportare in scena anche Lea Massari.

I giornali hanno pubblicato i commenti di Proietti, non proprio elegantissimi e neppure comici; Costanzo si è limitato a fargli gli auguri. Sono sicura che erano andati lì a chiederglielo di prendersi anche il Brancaccio, una sede in attivo che avrebbe rinforzato il pacchetto delle alleanze tra alcuni teatri romani che (non so se lui o qualcun altro) intendono fare. Lui avrà detto di sì, anzi “evvabbé”, sapendo di doversi alzare ancora un’ora prima la mattina. Poi, davanti a cotanto sdegno, mettendosi davanti allo specchio si sarà detto: “Ma a me chi me lo faffà?”.  Io, che vi devo dire, nonostante il coro e la sollevazione pro il maresciallo Rocca, sto dalla sua parte. E aspetto la calata del sipario su quest’altra faccenda romana.

Lo spirito di Stella

luglio 13, 2007

Ci sono trentenni e trentenni. C’è la blogger di cui ti raccontavo qualche post fa e c’è il trentenne che si “incorona del nulla”. Per fortuna che c’è Andrea Stella, un ragazzo che arriva a 30 anni alla grande. Magari sulla sedia a rotelle, ma alla grande. E’ quel ragazzo che per festeggiare la sua laurea si concede una vacanza a Miami e mentre passeggia  per una stradina di Fort Lauderdale viene aggredito da alcuni balordi che così, senza motivo, gli sparano a bruciapelo. Dopo 40 giorni di coma, al risveglio, Andrea ha la sorpresa di dover vivere da paraplegico a vita. Beh, che fa Andrea Stella? Si dispera certamente, ma non per molto. Trasforma le terapie in recupero di tutto quello che fisicamente può recuperare, si butta su quella che diventa la sua missione, la vela. Il catamarano diventa le sue gambe, il vento la sua energia. Imbarca altri disabili come lui e insegna loro che finché c’è vita c’è speranza, in poppa al vento a allo “spirito di stella”. Non potevo crederci l’altra mattina quando ho sentito la sua storia alla radio. Andrea che torna a Miami, in quell luogo che io al suo posto avrei voluto veder sparire dall’universo; Andrea che fa il giro del medici che lo hanno curato per abbracciarli e ringraziarli, Andrea che apre corsi di formazione perché altri come lui trovino la forza di muoversi e di vivere, Andrea che progetta imbarcazioni senza ostacoli , e dice che è più facile muoversi su una sedia a rotelle su un catamarano che tra il traffico di Milano, Andrea che vola in aperta libertà. Beh, forse è troppo, almeno per me, ma non per lui.

Corona Stelle e Strisce

luglio 10, 2007

Hanno appena annunciato un partito ed eccone subito un altro. Se quello dei cittadini ha un senso, quello che intenderebbe fondare Fabrizio Corona (si chiamerebbe Corona e Stelle dove il primo nome è il suo, il secondo quello delle starlette del solito vippaio e se ci aggiunge pure Strisce, vi lo lascio immaginare), è –secondo me – un’ennesima provocazione dell’agente fotografico che ha giurato di diventare ultramiliardario sulle sue disgrazie. Io non so che cosa gli abbiano dato da bere in carcere, ma le questioni sono due: o il ragazzo è talmente incazzato che ha messo a punto il piano che gli sarebbe riuscito meglio per vendicarsi, oppure dal soggiorno a San Vittore è uscito pazzo. Non parlare di Corona, personaggio lanciatissimo in affari ma tutto sommato discreto all’ombra di Nina Moric fino al giorno in cui ha varcato il fatidico portone, sarebbe impossibile in questi giorni: giornali, tv, vicini di casa, bottegai e amiche riunite in summer-party davanti al programma di Lucignolo, non fanno altro. Perfino Marcello Veneziani l’ha preso sul serio in un suo articolo in cui paventa la scesa in campo del nuovo leader. Sono aperte le scommesse su quello che il self-promoter studia giorno dopo giorno per far parlare di sé. Nulla di imprevedibile, se ci pensi bene: prima ha messo se stesso in croce (vedi foto in cella !?!), poi si è messo sul balcone, quindi a passeggiare tra i fan appostati davanti al suo portone, offrendo gelati e cappuccini e regalando indumenti logati da lui stesso medesimo. Fatto ciò, ha coinvolto in una sorta di candid-camera la moglie nel gossip della sua separazione (che a me è sembrata tutta finta), la quale “prevedibilmente” si sarebbe arrabbiata per la violazione della sua privacy è l’avrebbe denunciato… Poi – dopo aver setacciato l’ambito famigliare adulto (madri, cugine, vicine di pianerottolo…) è passato al figlio, il piccolo Carlos. Confesso che questo me lo aspettavo un po’ meno, fino a quando lo vedo in una bella copertina, con il suo caschetto accanto al padre di cui imita l’atteggiamento, tatuaggi esclusi. Tutto ciò tra interviste, memoriali a puntate, dichiarazioni e ospitate da opinionista. Il ciclone Corona non trascura nulla: si dice affascinato dai mafiosi (forse pensava al Padrino di Marlon Brando) e non nega di aver ricevuto qualche occhiata golosa dal suo talent scout Lele Mora. Intanto parte il tormentone estivo di un rap ispirato alle sue vicende giudiziarie. Poi, ecco il partito (qualcuno chiede perfino "Corona for President"). Alla fine la storia del partito è ugualmente prevedibile, in fondo Corona avrebbe le sue ragioni (su cui non discuto) per accogliere attorno a sé chi si sente oppresso e perseguitato (e le groupie che gli urlano “bono!”), e la notizia sarebbe anche già vecchietta, se non che all’ultimo istante salta fuori che il re dei gossippari  e fustigatore del mondo godereccio, avrebbe in qualche modo coinvolto, nel suo partito o come modello dello stesso, Silvio Berlusconi, il quale sembra che abbia già “educatamente” preso le distanze. Ci mancherebbe altro!

Da Starmind, la mia isola nella
South SL (una sorta di Little Italy più colorata dalla natura che dagli uomini), i miei amici e collaboratori (ed anche qualche parente acquisito, in
quanto ho fatto da madrina ad un pargolo) mi hanno comunicato di essere molto
preoccupati  dal fatto che l’inesauribile
Gianluca Nicoletti abbia iniziato ad indagare su SL (Second Life). Poiché in
quell’isola meravigliosa sono il  caporedattore
di un giornale locale e di un’emittente televisiva piuttosto speciale (senza “reality”,
senza quiz, senza buone e cattive domeniche…) la faccenda inquieta anche me. Anche
se penso e l’ho detto anche ai miei redattori, i nostri articoli e programmi
sono molto diversi da quanto gli utenti della FL (First Life) sembrano
apprezzare.

Quello che mi preoccupa di più,
in realtà, non è tanto la possibilità di recensioni da parte del famoso critico,
quanto il fatto che , avendo reso pubblico l’altro mondo di cui sono autorevole
membro della comunità italiana, avremo presto l’invasione di immobiliaristi,
furbetti del quartierino, procacciatori di croate e rumene, spacciatori e
rivenditori di finte borsette e bene che vada ci toccherà l’invasione di
depressi e delusi dalle sedute psicanalitiche o dai psicofarmaci. 

Toccherà vigilare, emettere leggi
severe, creare partiti, schierare le forze dell’ordine?

E pensare che da quando avevo 16
anni e prima di andare a dormire mi facevo le mie sceneggiature mentali, questa
era la prima volta che mi sentivo felice e sicura!

Il Fatto

febbraio 1, 2007

Nei panni di quei giornalisti e
giornaliste che recentemente (“CHI” dieci giorni fa, “A” come “Anna”in edicola)
hanno ampiamente commentando con foto di famiglia la felice condizione di “nonnetto”
e marito contento in cui si trova Silvio Berlusconi, oggi mi sentirei molto in
imbarazzo. Il vero “scoop” non lo hanno fatto loro, ma la dispettosa Veronica
Lario. I giornalisti e direttori di cui sopra, comunque, non si arrendono all’evidenza
e già poche ore dopo il “fatto” imperversano su trasmissioni
televisive, improntante all’istante per stare sulla notizia. Soprattutto l’amica dichiarata della coppia, o della metà della stessa (alla quale le altre colleghe del parterre lanciano occhiate invidiose) che fa intendere e non
intendere, dice tutto e dice niente sul suo giornale e in volumi di facile lettura. Altri intervistati, desiderosi di cavalcare l’onda, fanno dichiarazioni altrettanto disinformanti, come la direttora di "Donna e Diva", oppure l’elzevirina de La Repubblica. Questa è la prova di come su un servizio
fotografico si costruisca un romanzo, come la fama si costruisca su qualche
invito a cena.

La questione in questione è ampiamente
approfondita da altri (più o meno a seconda dei gradi di maschilismo o
femminismo che si sono iniettati). Ma tra le tante pagine sprecate, qualcuno riesce a "barlumare" un briciolo di verità (fuoco, fuochino, scopritelo da soli). Dal mio punto di vista, la faccenda dovrebbe
concludersi con un niente di fatto, per il bene degli stessi protagonisti di
cui uno – il più simpatico, senza dubbio- vuole sicuramente salvare il proprio matrimonio, l’altro – come dice
Vittorio Feltri (evviva lui!) – il “patrimonio”.